Il ritorno della volatilità
I mercati azionari di tutto il mondo hanno subito una brusca correzione a fine gennaio e inizio febbraio. Dopo una fase di rialzo costante protrattasi per diversi mesi, il cui apice era stato raggiunto con il mese di gennaio più positivo dagli anni novanta, la pubblicazione di un rapporto sul mercato del lavoro che rivelava un aumento dei salari degli Stati Uniti più marcato del previsto ha preannunciato una crescita dell'attività. Le valutazioni azionarie sono crollate, per poi riprendersi e scendere di nuovo, in un contesto di volatilità infragiornaliera a livelli inusuali. Questa correzione ha coinciso con l'aumento della volatilità nei mercati dei titoli di Stato. I rendimenti a lungo termine dei titoli del Tesoro avevano continuato a salire gradualmente da metà dicembre dato che gli investitori sembravano avere sempre più timori riguardo ai rischi di inflazione e all'impatto macroeconomico della riforma fiscale degli Stati Uniti. A fine gennaio un improvviso balzo dei rendimenti ha preceduto il crollo dei mercati azionari degli Stati Uniti e, successivamente, di altre economie avanzate (EA). I rendimenti dei titoli di Stato sono anch'essi aumentati in molte altre EA poiché la parallela ripresa dell'espansione mondiale ha portato gli investitori a scontare un'uscita dalle politiche non convenzionali meno graduale di quanto ci si aspettasse.
Nel periodo in rassegna, iniziato a fine novembre, gli operatori del mercato sono rimasti molto sensibili a ogni cambiamento che percepivano nei messaggi delle banche centrali. ln linea con le attese, in dicembre la Federal Reserve ha innalzato la fascia obiettivo dei Fed fund di 25 punti base e ha proceduto alla riduzione del bilancio, come previsto. Oltre oceano, la BCE ha mantenuto il suo orientamento di politica monetaria e ha lasciato invariate le sue indicazioni prospettiche, comprese quelle riguardanti una scadenza illimitata per il termine del suo programma di acquisto di attività (PAA). La Bank of Japan ha reagito al miglioramento dei rendimenti a lungo termine, che è sembrato mettere alla prova la sua politica di controllo della struttura a termine, con un'offerta di acquisto di una quantità illimitata di titoli di Stato a lungo termine.
Gli scossoni che hanno colpito i mercati sono avvenuti in un generale contesto di debolezza del dollaro USA protrattasi per la maggior parte del periodo, accompagnata da un continuo allentamento delle condizioni creditizie e da una propensione al rischio imperterrita nella maggior parte delle classi di attività. Un breve episodio di fuga verso titoli sicuri associato al picco delle turbolenze sui mercati azionari ha fornito un sostegno solo limitato al dollaro. Né l'inasprimento costante da parte della Fed, né la recente ondata di vendite delle azioni hanno coinciso con un ampliamento degli spread creditizi societari, che sono invece rimasti ai minimi storici. Anche l'interesse per le attività delle economie emergenti (EME) è rimasto forte. I mercati azionari si sono stabilizzati rapidamente e hanno ridotto le perdite. Allo stesso tempo, è parso che gli investitori obbligazionari avessero delle difficoltà nella valutazione dell'impatto complessivo di un quadro inflazionistico in evoluzione e dell'entità indefinita dell'offerta netta futura di titoli con scadenze più lunghe.