Rassegna trimestrale BRI, settembre 2015 - briefing stampa
Gli articoli monografici rispecchiano le opinioni degli autori e non necessariamente il punto di vista della BRI. Si prega pertanto di attribuire agli autori, e non alla BRI, eventuali riferimenti a tali articoli.
Dichiarazioni on-the-record rilasciate da Claudio Borio, Capo del Dipartimento monetario ed economico, e Hyun Song Shin, Consigliere economico e Capo della Ricerca, 11 settembre 2015.
Claudio Borio
Guardiamo spesso alla realtà che ci circonda come a una serie di fotogrammi anziché a un film, come invece dovremmo.
Il fotogramma dell'ultimo trimestre, il periodo di cui si occupa questo numero della Rassegna, è stato segnato dalla turbolenza. All'inizio, a sinistra dell'immagine, è stata la Grecia a destare preoccupazione e a finire sulla prima pagina di tutti i giornali. Ma la crisi greca, con tutto il suo pathos e la sua potenziale dirompenza, è rapidamente rientrata una volta trovato un accordo agli inizi di luglio. Il suo impatto sui mercati internazionali è rimasto piuttosto contenuto. Gli operatori hanno avuto a malapena il tempo di tirare un sospiro di sollievo che al centro del fotogramma è apparsa l'Asia, in particolare la Cina. Abbiamo visto il primo shock colpire il mercato azionario cinese, che l'8 luglio ha registrato il peggior calo giornaliero di sempre. Poi, il 12 agosto, è stata la volta della svalutazione - peraltro modesta - del renminbi, decisa dalle autorità ufficialmente nell'ambito di una transizione verso un regime valutario più orientato al mercato. Va notato che già prima dell'ampio calo giornaliero di luglio il mercato azionario cinese aveva perso oltre il 30% rispetto al picco di giugno, senza tuttavia produrre effetti di rilievo sui mercati internazionali; al di fuori dell'Asia quasi nessuno vi aveva fatto caso.
Gli shock di luglio e agosto hanno invece provocato scosse molto più violente e diffuse. I mercati azionari di tutto il mondo hanno perso terreno. Quel che è più importante, i corsi delle materie prime sono precipitati, accelerando il calo di più lungo periodo, e la volatilità è schizzata verso l'alto. Le oscillazioni del prezzo del petrolio sono state particolarmente notevoli. Il prezzo del greggio è crollato a un nuovo minimo di meno di $40 il 24 agosto, annullando il parziale recupero del secondo trimestre, per poi impennarsi del 30% in appena una settimana e flettere nuovamente. Ma ancora più importante è che i tassi di cambio delle economie emergenti (EME), specie quelle esportatrici di materie prime, hanno subito gravi contraccolpi, e gli spread creditizi di queste economie si sono ampliati, sebbene non in misura drastica. In generale, i mercati al di fuori dell'epicentro degli shock hanno continuato a funzionare ordinatamente. Ciò nonostante, a tratti anche i mercati dei cambi hanno evidenziato segnali di "gapping", ossia movimenti repentini dei prezzi in presenza di scarse negoziazioni. Si sono inoltre osservate indicazioni di lievi distorsioni nei mercati azionari, con sospensioni sempre più frequenti degli scambi e la divaricazione fra i prezzi degli exchange-traded fund e delle azioni sottostanti.
A cosa si deve una così grande differenza fra la reazione al primo netto calo dei corsi azionari cinesi in giugno e quella agli shock successivi? In parte, probabilmente, all'attenzione selettiva degli operatori di mercato. Ma più sostanzialmente alle mutevoli percezioni riguardo alle condizioni economiche di fondo e al potere delle politiche. È verosimile che la prima flessione del mercato azionario sia stata generalmente vista come una correzione naturale, in parte voluta, specifica al mercato, considerati i valori palesemente eccessivi che avevano raggiunto le valutazioni. Un aiuto è inoltre provenuto dai provvedimenti delle autorità volti ad ammorbidire la correzione. Ma l'umore dei mercati è rapidamente cambiato allorché si sono intensificati i segnali di debolezza economica e gli operatori hanno iniziato a mettere in discussione l'efficacia dei provvedimenti. La svalutazione del renminbi, intervenuta sulla scia di pressioni persistenti al deprezzamento, non ha fatto che alimentare questi timori, e il susseguirsi degli eventi ha costretto le autorità a farvi fronte.
Se spostiamo lo sguardo verso destra, vediamo nel fotogramma gli operatori ancora alle prese con la questione di quali siano le implicazioni del mutevole quadro internazionale per le prospettive di politica monetaria nelle grandi giurisdizioni emittenti di valute internazionali, prima fra tutte gli Stati Uniti - un importante tema di fondo. Le aspettative sui tempi di un innalzamento dei tassi da parte della Federal Reserve hanno seguito un andamento altalenante nel periodo, a seconda degli andamenti sia domestici sia internazionali. Attualmente si ritiene che la BCE sia pronta a un ulteriore allentamento in caso di peggioramento delle condizioni. La Bank of Japan, dal canto suo, deve fare i conti con un indebolimento del prodotto e dell'inflazione. Varie altre banche centrali hanno già allentato la politica monetaria, specie in presenza di pressioni sul tasso di cambio; nel periodo in esame l'unico inasprimento è stato quello del Brasile, volto a contrastare l'aumento dell'inflazione nonostante l'aggravarsi della recessione nel paese. I rendimenti nei principali mercati dei titoli di Stato hanno già annullato parte degli aumenti del trimestre precedente e restano straordinariamente bassi.
Se ora ci mettiamo comodi e guardiamo agli eventi come a un film, il loro significato diviene più chiaro. Nel grande ordine delle cose, gli eventi correnti erano già prefigurati dall'andamento precedente dell'economia mondiale.
Le statistiche BRI sui finanziamenti internazionali mostrano che i flussi di credito alle EME avevano cominciato a rallentare il passo già nell'ultimo trimestre 2014, e in seguito si sono indeboliti ulteriormente, pur in presenza di un rafforzamento di quelli verso le economie avanzate. I dati evidenziano cioè una biforcazione della liquidità globale, con una debolezza particolarmente marcata del credito a Cina, Russia e, in misura minore, Brasile. A questo riguardo il credito denominato in dollari USA gioca un ruolo fondamentale. Come già sottolineato dalla BRI in varie occasioni, il credito totale in dollari a prenditori non bancari fuori dagli Stati Uniti è aumentato di oltre il 50% dagli inizi del 2009, portandosi a $9 600 miliardi a fine marzo 2015, ed è quasi raddoppiato, a più di $3 000 miliardi, nel caso delle EME. Esso è fluito in buona parte alle imprese, sollevando seri interrogativi riguardo alle vulnerabilità finanziarie che comporta e alle implicazioni per i movimenti autorafforzanti dei tassi di cambio e degli spread creditizi. Hyun approfondirà questo aspetto tra poco.
Ancora più preoccupanti sono le vulnerabilità comuni gradualmente emerse nei bilanci dei singoli paesi nel corso degli anni, man mano che il film proseguiva. Dopo tutto, sebbene in termini assoluti le dimensioni del debito in valuta estera siano fortemente cresciute, in rapporto al PIL esse risultano per molte EME inferiori ai livelli raggiunti alla vigilia delle crisi finanziarie passate. Da almeno il 2009, tuttavia, sono andate formandosi vulnerabilità all'interno di varie EME, comprese alcune delle maggiori, e in misura minore anche in alcune economie avanzate, soprattutto quelle esportatrici di materie prime. Più specificamente, questi paesi hanno evidenziato segnali di accumulo di squilibri finanziari sotto forma di boom eccessivi del credito accompagnati da forti aumenti dei prezzi delle attività, in particolare quelli immobiliari, favoriti da condizioni globali di liquidità insolitamente abbondanti. È all'inversione di questi boom, in presenza di vulnerabilità esterne, che dovremmo rivolgere la massima attenzione. È fondamentale adottare una visione olistica. Non stiamo assistendo a scosse isolate, bensì al rilascio di pressioni accumulatesi gradualmente nel corso degli anni lungo importanti linee di faglia.
Come argomentato in dettaglio nell'ultima Relazione annuale della BRI, assumendo una prospettiva di ancora più lungo periodo, tutto ciò è sintomatico della presenza di carenze nei sistemi di policy domestici e internazionali, sistemi che finora non si sono dimostrati in grado di contenere a sufficienza l'ascesa e il tracollo di cicli finanziari altamente dannosi di boom e bust nei vari paesi. Disegnando così una realtà in cui i livelli del debito sono troppo elevati, la crescita della produttività troppo debole e i rischi finanziari troppo minacciosi. Una realtà in cui i tassi di interesse sono straordinariamente bassi da tempi eccezionalmente lunghi e in cui i mercati finanziari hanno sviluppato una preoccupante dipendenza dalla minima parola o azione delle banche centrali, rendendo a loro volta più complessa la necessaria normalizzazione delle politiche monetarie. È irrealistico e pericoloso aspettarsi che la politica monetaria possa curare tutti i mali dell'economia mondiale.
Tutto ciò ricorda la storiella del turista che si è perso e che, chiedendo indicazioni, si sente rispondere: "Se fossi in lei, non partirei da qui".
Hyun Song Shin
Vorrei cominciare offrendo ulteriori indicazioni sui flussi finanziari globali tratte dalle statistiche BRI sull'attività bancaria e finanziaria internazionale.
- Come ha sottolineato Claudio, uno dei temi principali di questo numero della Rassegna trimestrale è il contrasto fra il protratto recupero dei flussi finanziari nelle economie avanzate e la debolezza dei flussi finanziari nelle economie emergenti.
- Per le economie avanzate è particolarmente degna di nota la ripresa dell'attività di finanziamento in euro, che ha coinciso con il programma di acquisto di attività finanziarie della BCE.
- Un esempio di questa ripresa è la rapida crescita delle obbligazioni denominate in euro emesse dalle società non finanziarie degli Stati Uniti, i cosiddetti "reverse Yankee bond". Le emissioni nette di questi strumenti nel primo semestre 2015 sono state pari a quasi $40 miliardi, più del triplo dello scorso anno.
- Il volume di prestiti in euro al di fuori dell'area dell'euro è ancora modesto rispetto a quello corrispondente in dollari USA, ma ha probabilmente raggiunto dimensioni tali da associarsi agli episodi di riduzione della leva finanziaria nei periodi di turbolenza dei mercati. Abbiamo visto ad esempio in agosto che l'euro si è rafforzato quando i mercati erano in modalità "risk-off". Ciò significa anche che un indebolimento dell'euro si associa a un aumento dell'assunzione di rischio, e quindi a effetti di propagazione internazionale.
- Come già rilevato da Claudio, in base alle nostre stime più recenti lo stock di passività denominate in dollari dei debitori non bancari al di fuori degli Stati Uniti si colloca a $9 600 miliardi. Nel caso delle economie emergenti l'ampio stock di debito in dollari ha inciso pesantemente sulle condizioni macroeconomiche nelle ultime settimane.
- A questo riguardo vanno tuttavia segnalati alcuni aspetti incoraggianti.
- Per cominciare, le scadenze dei titoli di debito internazionali emessi dalle imprese dei mercati emergenti sono lunghe, e si stanno ulteriormente estendendo. Come rilevato nel nostro commento agli aspetti salienti dei flussi di finanziamento internazionali, i titoli di debito dei mercati emergenti collocati finora nel 2015 avevano una durata media di 11 anni. Un debito a lunga scadenza riduce la vulnerabilità degli emittenti di fronte al rischio di disimpegno degli investitori.
- Inoltre, diversamente da quanto osservato in occasione delle crisi passate, molte economie emergenti detengono oggi riserve valutarie considerevoli.
- Infine, molti emittenti delle economie emergenti sono imprese internazionali che dispongono di entrate in valuta estera.
- Anche tenendo conto di questi aspetti positivi, occorre tuttavia fare alcune importanti precisazioni.
- In primo luogo, sebbene le obbligazioni abbiano scadenze lunghe, un'inversione di rotta dei prestiti in dollari potrebbe comunque avere ripercussioni sull'economia. Le imprese non finanziarie sono profondamente integrate nell'economia e le loro operazioni finanziarie producono effetti sul resto dell'economia. Un recente working paper della BRI rileva che i prestiti in dollari ottenuti dalle imprese dei mercati emergenti sono per certi aspetti assimilabili a operazioni di carry trade, in base alle quali per ogni dollaro raccolto mediante l'emissione di obbligazioni 25 centesimi sono finiti sotto forma di liquidità nei bilanci della società emittente. Per liquidità, in questo caso, intendo ad esempio un deposito bancario in moneta nazionale, o un'attività nei confronti del sistema bancario ombra, o anche uno strumento finanziario emesso da un'altra impresa. Il finanziamento in dollari influisce quindi sul resto dell'economia sotto forma di allentamento delle condizioni creditizie. Una riduzione dei prestiti in dollari, specularmente, è destinata a produrre effetti restrittivi sulle condizioni finanziarie domestiche. Il riquadro di Bob McCauley sui deflussi di capitali dalla Cina in questo numero della Rassegna illustra queste tematiche.
- In secondo luogo, anche se un paese detiene un grande ammontare di riserve valutarie ufficiali, potrebbe essere il settore delle imprese a trovarsi a corto di risorse finanziarie e quindi vedersi costretto a ridimensionare gli investimenti e l'attività, inducendo un rallentamento della crescita. In tali circostanze, anche una banca centrale che disponga di un ampio stock di riserve ufficiali potrebbe avere difficoltà a contrastare il rallentamento dell'economia reale in presenza di un inasprimento delle condizioni finanziarie globali. È probabile che un siffatto rallentamento faccia parte di quanto stiamo osservando attualmente nelle economie emergenti.
Passando ora agli articoli monografici, in questa Rassegna presentiamo una serie di miglioramenti apportati alle statistiche prodotte e diffuse dalla BRI.
- Per cominciare, abbiamo migliorato le statistiche sull'attività bancaria internazionale, ad esempio fornendo maggiori informazioni sulle attività delle banche sull'interno e scomposizioni più dettagliate delle controparti e delle valute.
- Pubblichiamo inoltre per la prima volta serie armonizzate sul debito del settore pubblico, compilate utilizzando definizioni omogenee in modo da consentire una migliore valutazione dell'evoluzione degli stock di debito pubblico nel tempo e una maggiore comparabilità fra paesi.
- Infine, pubblichiamo per 32 paesi stime degli indici del servizio del debito, ossia del rapporto fra pagamenti in linea capitale e interessi e reddito. Tali stime si basano su dati aggregati, ma dovrebbero poter fornire un utile quadro dell'evoluzione nel tempo dell'indebitamento delle famiglie o delle imprese in diversi paesi e del suo impatto sull'attività economica reale.
Segnalo inoltre che abbiamo riveduto le modalità di diffusione dei dati.
- Le tabelle precedentemente pubblicate nell'allegato statistico della Rassegna trimestrale sono state sostituite da figure che illustrano gli andamenti più recenti.
- Le stesse tabelle sono state ridisegnate e raggruppate all'interno di una nuova pubblicazione, il BIS Statistical Bulletin. Esse sono inoltre agevolmente accessibili mediante un nuovo strumento dinamico online, il BIS Statistics Explorer. Vi invitiamo a consultarli, li troverete sicuramente utili.
- L'articolo sugli effetti di propagazione delle politiche monetarie di Boris Hofmann ed Előd Takáts esamina più in dettaglio come i tassi di interesse a breve termine e quelli di rendimento delle obbligazioni a lungo termine in tutto il mondo risentano dei tassi negli Stati Uniti, non soltanto per il tramite dei mercati finanziari e dei nessi macroeconomici, ma anche attraverso le decisioni di politica monetaria negli Stati Uniti. Gli autori riscontrano che le decisioni della Federal Reserve esercitano sulle decisioni delle altre banche centrali un impatto che va al di là dei normali collegamenti che si creano attraverso i prezzi nei mercati finanziari.
- Per concludere, l'articolo di Eli Remolona e Ilhyock Shim considera la crescente integrazione del sistema bancario in Asia. In parte essa si deve al fatto che le banche locali hanno colmato il vuoto lasciato dalle banche europee che si finanziano all'ingrosso. Ma riflette anche la rapida crescita della domanda di credito da parte dei prenditori della regione. Un'integrazione finanziaria più profonda comporta numerosi vantaggi ma, come sottolineano gli autori, occorre affrontare le sfide collegate sul piano della stabilità finanziaria, ad esempio assicurandosi che le nuove banche regionali non facciano eccessivo affidamento sulla provvista all'ingrosso a breve termine in valuta estera.