Presentazione dei capitoli a contenuto economico
I. Se l'impensabile diventa ordinario
Globalmente i tassi di interesse risultano straordinariamente bassi da un periodo eccezionalmente lungo, in termini sia nominali sia depurati dall'inflazione, e in base a qualsiasi parametro. Il livello così basso dei tassi di interesse è il sintomo più evidente del malessere generale che affligge l'economia mondiale: l'espansione economica è sbilanciata, gli oneri debitori e i rischi finanziari sono ancora troppo elevati, la crescita della produttività è troppo bassa e lo spazio di manovra delle politiche macroeconomiche troppo limitato. Vi è il rischio che l'impensabile diventi ordinario e venga percepito come la nuova normalità.
Questo malessere si è dimostrato oltremodo difficile da comprendere. Il capitolo sostiene che esso riflette in larga misura l'incapacità di venire a termini con i boom e i bust finanziari, che lasciano profonde cicatrici nel tessuto economico. A lungo termine si corre il rischio che si radichi l'instabilità e la debolezza diventi cronica. Questa situazione ha una dimensione sia interna sia internazionale. I regimi interni di politica economica si sono focalizzati quasi esclusivamente sulla stabilizzazione a breve termine del prodotto e dell'inflazione, perdendo di vista i cicli finanziari, più lenti ma anche più onerosi. E il sistema monetario e finanziario internazionale ha fatto sì che le condizioni monetarie e finanziarie distese delle economie principali si trasmettessero ad altre economie per effetto delle pressioni sui tassi di cambio e sui flussi di capitali, favorendo la formazione di vulnerabilità finanziarie. I vantaggi conseguiti nel breve periodo rischiano di provocare danni a lungo termine.
Per affrontare queste carenze occorre un triplo ribilanciamento nell'impo-stazione delle politiche interne e internazionali: da interventi illusori di aggiustamento macroeconomico di breve periodo verso strategie di medio periodo; da un'attenzione spropositata agli andamenti a breve del prodotto e dell'inflazione verso una risposta più sistematica ai cicli finanziari, per loro natura più lenti; da una visione riduttiva per cui basta mantenere in ordine la propria casa, verso una visione globale che riconosca i costi dell'interazione fra politiche orientate esclusivamente all'interno. In questo processo di ribilanciamento sarà essenziale affidarsi meno alle politiche di gestione della domanda e più a quelle strutturali, con l'obiettivo di abbandonare il modello di crescita trainata dal debito che ha agito da surrogato politico e sociale di riforme orientate all'aumento della produttività. L'opportunità offerta dalla flessione dei corsi petroliferi non va sprecata. Da troppo tempo ormai la politica monetaria è stata sovraccaricata. Essa deve essere parte della soluzione, ma non può essere l'unica soluzione. Non si dovrebbe permettere che l'impensabile diventi ordinario.
II. I mercati finanziari internazionali ancora dipendenti dalle banche centrali
Nell'anno trascorso le politiche monetarie accomodanti hanno continuato a sostenere i prezzi nei mercati mondiali delle attività, mentre le aspettative divergenti riguardo alle politiche della Federal Reserve e della BCE hanno spinto il dollaro e l'euro in direzioni opposte. Parallelamente all'impennata del dollaro, i corsi del petrolio hanno segnato una drastica flessione, sotto l'effetto combinato delle attese su produzione e consumi, degli atteggiamenti nei confronti del rischio e delle condizioni finanziarie. I rendimenti dei titoli di debito nelle economie avanzate hanno continuato a calare durante buona parte del periodo, e molti mercati obbligazionari sono entrati in territorio inesplorato allorché i rendimenti nominali sono scesi al disotto dello zero, rispecchiando il calo dei premi a termine e dei tassi ufficiali attesi. Gli episodi sempre più frequenti di volatilità e le indicazioni di una ridotta liquidità hanno messo in luce la fragilità dei mercati, per altri aspetti vigorosi. Questi segnali si sono manifestati forse con maggiore evidenza nei mercati del reddito fisso, dove l'attività dei market-maker si è ridimensionata, concentrandosi in misura crescente sui titoli più liquidi. Con il subentrare di altre categorie di operatori, come gli asset manager, è aumentato il rischio di "illusione di liquidità", per cui la liquidità di mercato può apparire abbondante in tempi normali, ma evapora rapidamente in situazioni di stress.
III. Dalla sfera finanziaria alla sfera reale
Il crollo dei corsi petroliferi e l'impennata del dollaro USA hanno avuto un ruolo di primo piano per l'attività mondiale nell'anno in rassegna. Questi due importanti cambiamenti, intervenuti in mercati chiave, hanno colto le economie a stadi diversi dei rispettivi cicli economici e finanziari. Nelle economie avanzate è proseguita la fase ascendente della congiuntura, e la crescita è tornata a fare capolino anche in vari paesi dell'area dell'euro colpiti dalla crisi. Parallelamente, in alcune delle economie più danneggiate dalla Grande Crisi Finanziaria sta giungendo a termine la fase discendente del ciclo finanziario. Le distorsioni allocative connesse al boom finanziario pre-crisi, tuttavia, continuano a frenare la crescita della produttività. Altri paesi meno colpiti dalla crisi, in particolare molte EME, sono alle prese con un ordine diverso di problematiche. Il cambiamento delle condizioni internazionali ha coinciso con un indebolimento della crescita del prodotto e con picchi dei cicli finanziari interni. Vi è il pericolo che nelle EME il rallentamento della crescita faccia emergere vulnerabilità finanziarie. Una migliore gestione macroeconomica e strutture finanziarie più robuste, compreso l'allungamento delle scadenze del debito e una minore esposizione al rischio valutario, hanno accresciuto la resilienza di queste economie. Ma l'ammontare complessivo di debito è aumentato, e lo spostamento dell'attività di finanziamento dalle banche ai mercati dei capitali potrebbe comportare nuovi rischi.
IV. Ancora un anno di accomodamento monetario
La politica monetaria ha continuato a essere eccezionalmente accomodante. Molte autorità hanno optato per un allentamento o un rinvio dell'inasprimento. Alcune banche centrali hanno affiancato a tassi già bassissimi programmi di acquisti su larga scala di attività finanziarie. Nelle principali economie avanzate le banche centrali hanno seguito traiettorie alquanto divergenti, ma tutte hanno continuato a temere i pericoli di un'inflazione ampiamente al disotto dell'obiettivo. In gran parte delle altre economie i tassi di inflazione si sono allontanati dagli obiettivi, risultando sorprendentemente bassi o elevati. Lo scostamento dell'inflazione dai livelli attesi e le incertezze circa le cause di variazione dei prezzi sottolineano il carattere lacunoso delle conoscenze del processo inflativo, in particolare per quanto riguarda le sue determinanti di medio e lungo periodo. Al tempo stesso, i segnali di crescenti squilibri finanziari in tutto il mondo evidenziano i rischi delle politiche monetarie accomodanti. La persistenza di queste politiche dalla crisi solleva interrogativi sull'adeguatezza degli attuali quadri di riferimento della politica monetaria e induce a credere che la sfida più importante consista nel risolvere le tensioni fra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. A tal fine, occorre in particolare che i quadri di riferimento della politica monetaria tengano conto in maniera più sistematica delle considerazioni di stabilità finanziaria.
V. Il sistema monetario e finanziario internazionale
Da tempo si dibatte su quale sia la configurazione ottimale degli assetti monetari e finanziari internazionali per l'economia mondiale. Un importante difetto del sistema attuale è che tende ad aumentare il rischio di squilibri finanziari, portando a cicli di boom e bust del credito e dei prezzi delle attività che comportano gravi conseguenze macroeconomiche. Tali squilibri si verificano spesso simultaneamente in più paesi, traendo vigore da effetti di propagazione internazionale di vario tipo. L'impiego internazionale del dollaro e dell'euro fa sì che le condizioni monetarie influiscano sui debitori ben al di là dei confini delle rispettive economie di emissione. Molti paesi importano inoltre le condizioni monetarie quando definiscono i tassi ufficiali in modo da limitare i differenziali di tasso di interesse e le oscillazioni della propria moneta nei confronti delle valute principali. L'integrazione dei mercati finanziari a livello internazionale tende a rafforzare queste dinamiche, poiché fattori comuni e un prezzo unico del rischio sono alla base, rispettivamente, dei flussi di capitali e dei movimenti dei corsi obbligazionari e azionari. L'attuazione di politiche volte a mettere ordine in casa propria attraverso la gestione dei cicli finanziari servirebbe anche a contenere gli effetti di propagazione internazionale. Le banche centrali dovrebbero inoltre internalizzare meglio tali effetti, non da ultimo per evitare che si ripercuotano a loro volta sulle rispettive economie. Muovere al di là del perseguimento illuminato del proprio interesse richiederebbe uno sforzo di cooperazione internazionale per fissare regole che vincolino le politiche interne.
VI. Rischi vecchi e nuovi nel panorama finanziario
Di fronte alla persistenza di tassi di interesse bassi nelle economie avanzate, si è verificata un'evoluzione dei rischi nel sistema finanziario. Malgrado i considerevoli sforzi compiuti per rafforzare le posizioni patrimoniali e di liquidità, le banche nelle economie avanzate sono ancora oggetto di scetticismo da parte dei mercati. Di conseguenza, esse hanno perso parte del loro tradizionale vantaggio in termini di provvista sui potenziali clienti. Ciò si aggiunge alle difficoltà derivanti dalla graduale erosione del reddito da interessi e dalla crescente esposizione delle banche al rischio di tasso di interesse, che potrebbero col tempo indebolire la loro capacità di resilienza. Le banche nelle EME, al contrario, hanno finora beneficiato dell'ottimismo dei mercati, sullo sfondo di condizioni molto positive che potrebbero mascherare l'accumulazione di squilibri finanziari. Le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, dal canto loro, hanno dovuto fare i conti con una dilatazione delle passività e una bassa redditività degli attivi. I disallineamenti fra attivo e passivo stanno indebolendo gli investitori istituzionali e minacciano di ripercuotersi sull'economia reale. Mentre tali investitori scaricano i rischi sulla clientela e le banche ridimensionano l'attività tradizionale di intermediazione, sta crescendo la rilevanza degli asset manager. Le autorità di regolamentazione stanno seguendo attentamente le implicazioni di questa espansione per la stabilità finanziaria.